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Nel 1726 Benjamin Franklin elencò le tredici virtù che secondo lui avrebbero potuto condurre l’essere umano alla perfezione morale se seguite con disciplina ferrea.
L’elenco è questo: temperanza, silenzio, ordine, determinazione, parsimonia, operosità, sincerità, giustizia, moderazione, pulizia, tranquillità, castità, umiltà.
Lo scrittore, poeta e artista D.H. Lawrence era di un avviso leggermente diverso, nel suo animo infatti sentiva forte la complessità dell’essere umano, quel regno in cui la totalità eccede la somma delle parti e le contraddizioni albergano irrimediabilmente.
Il punto per Lawrence stava nell’incontrare il conflitto e la confusione, fare spazio e accogliere ogni parte.
Nell’amore per sé stessi ci deve essere consapevolezza di tutto ciò che inevitabilmente si presenta. Non essere soggiogati da qualsiasi moto dell’animo o pulsione, ma saper guardare, vedere, ascoltare e di seguito agire con saggezza.
Così Lawrence nel 1930 in una sua opera scrisse queste parole in risposta a Franklin.

Questo è il mio credo, contro quello di Benjamin
Questo è ciò in cui credo:
“Che io sono io.”
“Che la mia anima è una selva oscura.”
“Che il mio io conosciuto non sarà mai più che una piccola radura nella foresta.”
“Quegli dèi, strani dèi, escono allo scoperto dalla foresta nella radura del mio sé conosciuto, e poi tornano indietro.”
“Che devo avere il coraggio di lasciarli andare e venire.”
“Che non permetterò mai che l’umanità mi imponga nulla, ma che cercherò sempre di riconoscere e sottopormi agli dèi in me e agli dei negli altri uomini e donne.”
Questo è il mio credo.

E forse, quello di avere il coraggio di lasciare andare e venire tutti gli strani dèi, è uno degli insegnamenti più profondi della Mindfulness.

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