Voglio condividere con voi una lettera.
Mon cher,
Au milieu de la haine, j’ai trouvé qu’il y avait, en moi, un amour invincible.
Dans le milieu des larmes, j’ ai trouvé qu’il y avait, en moi, un sourire invincible.
Au milieu du chaos, j’ai trouvé qu’il y avait, en moi, un calme invincible.
J’ai réalisé, à travers tout cela, que…
Au milieu de l’hiver, j’ai trouvé qu’il y avait, en moi, un été invincible.
Et cela me rend heureux. Car il dit que peu importe comment le monde pousse contre moi, en moi, il y a quelque chose plus fort – quelque chose de mieux, poussant de retour.
Albert Camus
Mio caro,
nel bel mezzo dell’odio ho scoperto che vi era in me un invincibile amore.
Nel bel mezzo delle lacrime ho scoperto che vi era in me un invincibile sorriso.
Nel bel mezzo del caos ho scoperto che vi era in me un’invincibile tranquillità.
Ho compreso, infine,che
nel bel mezzo dell’inverno, ho scoperto che vi era in me un’invincibile estate.
E che ciò mi rende felice. Perché afferma che non importa quanto duramente il mondo vada contro di me, in me c’è qualcosa di più forte, qualcosa di migliore che mi spinge subito indietro.
Albert Camus
Questa lettera ispirata e un po’ smielata attribuita ad Albert Camus, non esiste.
La si può trovare abbondantemente in rete e probabilmente stampata su qualche tazza.
È una sorta di sandwich virtuale che tra i suoi strati include una citazione dell’autore francese da “Ritorno a Tipasa”.
In un viaggio tra fonti, bufale e blog new age ho seguito il filo rosso del mio sospetto e dopo averla incontrata per l’ennesima volta ho verificato se questa lettera esistesse davvero, almeno in qualche forma. Ebbene, no.
In un’epoca in cui ogni contenuto viene in qualche modo appiattito, edulcorato e pre-masticato è inevitabile che vengano attribuite alla penna di grandi pensatori, poeti e scrittori citazioni errate. Queste però partono spesso da un fondo di verità, che sia sostanza o substrato.
Qualcuno potrà dire che non importa, che spesso queste parole sono d’ispirazione e che portano a una riflessione.
Questo è vero solo in parte.
Si tratta di una semplificazione che ha un peso anche sulla sostanza.
Se leggiamo questa lettera attribuita a Camus, qualcosa manca. L’estate invincibile sembra giungere senza che alcun inverno abbia gelato il cuore dell’autore, il sorriso sembra un sorriso che non è passato attraverso il dolore.
“Qualcosa mi spinge subito indietro”. Ma indietro si torna davvero dopo essere passati attraverso. Se no si tratta solo di consolazione, di una pacca sulla spalla. Di una via d’uscita e non di una via di entrata nella materia pulsante e umida della vita. In ultima analisi, di una scorciatoia.
E di certo una mente e un cuore come quelli di Camus non erano in cerca di soluzioni semplici e fittizie.
La presenza e il contatto con una qualche beatitudine non possono prescindere dall’esperienza del dolore.
“Lì giaceva tutto il mio amore per la vita: una passione silenziosa per ciò che forse mi sarebbe sfuggito, un’amarezza sotto una fiamma. Ogni giorno lasciavo questo chiostro come un uomo sollevato da sé stesso, inscritto per un breve momento nella continuità del mondo… Non c’è amore per la vita senza disperazione per la vita.”
(Albert Camus, da Lyrical And Critical Essays, NYC 1968)
L’amore per l’equanimità e il momento presente transitano attraverso una consapevolezza della sofferenza, della precarietà della dolorosa finitudine.
La spiritualità spicciola, che desidera sempre il caldo del sole sulla schiena, che ha paura ad immergersi nella terra fredda e buia, resta inevitabilmente sulla superficie.
Le scorciatoie sono utili per arrivare prima. E presuppongono ci sia una destinazione certa e definitiva. Non un eterno mutare e un inevitabile dispiegarsi di circostanze.
Come possiamo cercare una via breve se non conosciamo e non possiamo conoscere la mappa?
“Ciò che conta è essere umani e semplici. No, ciò che conta è essere veri, e allora tutto si armonizza, l’umanità e la semplicità. Quando sono più vero di quando sono il mondo stesso?… Ciò che desidero ora non è più la felicità, ma semplicemente la consapevolezza… Mi aggrappo al mondo con ogni gesto, agli uomini con tutta la mia gratitudine e la mia pietà. Non voglio scegliere tra il lato giusto o quello sbagliato del mondo, e non amo un’opzione… Il grande coraggio è ancora quello di guardare dritto verso la luce come verso la morte. Inoltre, come posso definire il legame che unisce questo amore divorante per la vita a questa disperazione segreta?… Nonostante le molte ricerche, questo è tutto ciò che so.”
(ibid.)
Non ci sono risposte facili, anzi forse non ci sono risposte.
L’unica via è attraverso.